Decalogo della competenza genitoriale

Decalogo della competenza genitoriale

La separazione determina cambiamenti significativi nella vita degli individui con ripercussioni inevitabili anche sul piano della genitorialità. Con la fine del rapporto sentimentale non si è più coppia, ma si resta genitori, ruolo che alcuni continuano a esercitare e che altri riscoprono dopo averlo demandato al partner. In entrambi i casi è necessario trovare nuove modalità di dialogo con l’ex per l’esercizio congiunto della genitorialità. Il rapporto genitori-figli, influenzato dai modelli culturali, è oggi caratterizzato da una maggiore attenzione agli aspetti psicologici della relazione educativa. Per questo si parla tanto di competenza genitoriale.

Ma cos’è la competenza genitoriale? Iniziamo col darne una definizione.

La competenza genitoriale è la capacità di riconoscere i bisogni dei figli e rispondere in modo sufficientemente adeguato, mettendo in campo molteplici abilità utili ad accompagnarli nel loro percorso di crescita in relazione alle diverse fasi evolutive e agli accadimenti familiari. Si tratta di una competenza articolata, connessa alla storia di figlio che ciascun genitore ha avuto, allo stile di attaccamento alle proprie figure di riferimento, alla personalità, alla qualità della relazione con l’ex partner, alla situazione psicologica e sociale attuale, alle caratteristiche dei figli in termini di temperamento e risorse.

Inquadriamone ora alcuni aspetti (Di Blasio, 2005) alla luce del contesto separativo, evidenziandone gli elementi favorevoli e di rischio in un breve decalogo.

1. ADATTARSI AL RUOLO DI GENITORE

Fornire cure adeguate dal punto di vista materiale ed emotivo spetta a entrambi i genitori, anche se separati. È importante preservare la continuità delle stesse, il mantenimento del legame tra i figli e il genitore non convivente e la loro frequentazione. Il disinteresse, l’interruzione dei rapporti e l’abbandono generano nei figli sensi di colpa, solitudine e tristezza. L’adattamento al ruolo richiede un buon grado di autonomia, autostima da parte dell’adulto, consapevolezza dei propri pregi e difetti.

2. RIELABORARE IL VISSUTO DELLA PROPRIA INFANZIA

Una corretta rielaborazione delle esperienze dolorose e traumatiche subite nell’infanzia riduce il rischio di esiti psicopatologici nell’adulto e ostacola la trasmissione di modelli di attaccamento disfunzionali nella relazione con i figli.

3. CONSIDERARE I FIGLI COME INDIVIDUI A SÉ STANTI

Considerare i figli come “altro” e non come parte di sé permette, a partire dalle rappresentazioni mentali e dalle aspettative del genitore esistenti ancor prima della loro nascita, di confrontarsi con le caratteristiche reali degli stessi, sintonizzandosi sui bisogni legati all’età e alla fase di sviluppo attraversata.

4. PORRE LIMITI E CONFINI GENERAZIONALI

Porre limiti e confini generazionali permette ai figli di accrescere il senso di protezione e sicurezza. Non farlo favorisce la creazione di alleanze collusive in cui gli stessi sono chiamati a far parte della coppia genitoriale accanto a uno dei genitori, se non addirittura a diventare genitori del proprio genitore. Ogniqualvolta i genitori si mostrano inadeguati al proprio ruolo, i figli vi si sostituiscono, sottraendo energie ai propri compiti di sviluppo.

5. CONTROLLARE LE EMOZIONI

Il conflitto impone al genitore il controllo delle emozioni, in particolare quelle legate alla rabbia, al dolore e alla paura. Una scarsa regolazione ne facilita lo spostamento all’esterno (per esempio sull’ex partner) con conseguenti battaglie ed estenuanti dentro e fuori dalle aule giudiziarie che non prevedono vincitori e impediscono alla coppia di focalizzare l’attenzione sui figli.

6. GESTIRE IL CONFLITTO

Contenere lo stress, governare gli impulsi e tollerare le frustrazioni consente un migliore adattamento agli eventi e la messa in atto di una comunicazione più efficace. Nelle separazioni altamente conflittuali il confronto tra gli adulti diviene distruttivo e rischia di coinvolgere apertamente i figli che assistono a comportamenti verbalmente e/o fisicamente violenti tra i genitori. Tale esposizione, ancor più grave se protratta nel tempo, rappresenta per i figli non solo un’esperienza traumatica, ma anche un importante fattore di rischio psicopatologico.

7. METTERSI IN DISCUSSIONE E ATTIVARSI PER IL CAMBIAMENTO

Il livello di consapevolezza del genitore riguardo al disagio dei figli è un elemento essenziale per poter sviluppare una relazione di aiuto e collaborazione. Ciò richiede la disponibilità da un lato a riconoscere l’esistenza di un problema e dall’altro ad attivarsi in prima persona nei confronti dei bisogni di cura dei figli, rimettendo in discussione i propri valori di riferimento e il proprio sistema di relazioni.

8. COSTRUIRE UN DIALOGO “DI RETE”

Nel conflitto è fondamentale dialogare. Cercare di costruire un dialogo con le altre figure coinvolte nella cura del minore, sia all’interno che all’esterno della rete familiare, in primis con l’altro genitore, è sempre la strada migliore.

9. RICONOSCERE LE QUALITÀ DELL’ALTRO GENITORE

Parlare male dell’altro genitore o non nominarlo affatto sono modalità dannose in quanto ostacolano nei figli la libera espressione di sé, promuovendo l’attivazione di conflitti di lealtà.

10. ESERCITARE LA COGENITORIALITÀ IN MODO COLLABORATIVO

I genitori hanno il dovere di confrontarsi costruttivamente sulle questioni legate alla salute, all’istruzione e all’educazione dei figli, sostenendosi a vicenda. La mancanza di dialogo e di fiducia nelle rispettive capacità di gestione, sino alla disconferma e alla squalifica reciproca, rappresentano uno dei principali fattori di rischio per una sana crescita psicologica degli stessi.

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Informazioni su Elena Marino

Psicologa psicoterapeuta a orientamento sistemico-relazionale, esperta in relazioni familiari e sostegno alla genitorialità. Ho maturato una significativa esperienza clinica in consultorio nell'area dell'adozione e della diversabilità, nella conduzione di gruppi di genitori, nella formazione e supervisione degli educatori. Lavoro da oltre un decennio nell'ambito della psicologia giuridica, in particolare presso la tutela minori, servizio per cui effettuo indagini psicosociali, approfondimenti psicodiagnostici e valutazione delle competenze genitoriali nei casi di separazione giudiziale, maltrattamento e abuso all'infanzia sia su richiesta spontanea che su mandato dell'autorità giudiziaria. Ricevo a Monza, dove propongo colloqui e percorsi individuali, di coppia e familiari.