Con i termini “famiglia monoparentale”, “genitore unico” o anche “educatore unico” si definisce legalmente il genitore singolo che si occupa autonomamente della crescita e dell’educazione dei figli minori. Si tratta di padri e madri (celibi/nubili, separati/divorziati o vedovi) che non vivono insieme a un altro adulto in una comunità domestica e che giocoforza costituiscono per i figli l’unico riferimento.
Assistiamo in quest’epoca, più di ogni altra in passato, a ciò che in materia di assetti familiari i sociologi definiscono come “cambiamento della norma”, non più costituita dalla famiglia tradizionale composta da padre, madre e figli.
Il fenomeno che maggiormente rappresenta tale mutamento è quello dei bambini nati in un contesto familiare “normale”, ma che a un certo punto della loro esistenza si trovano a dover affrontare la separazione dei genitori (in molti casi il divorzio), la relazione “divisa” con l’uno e con l’altro e, sempre più frequentemente, l’ingresso e l’appartenenza a una famiglia ricomposta, determinata dalla presenza del nuovo partner di uno dei due, talvolta anch’egli con figli provenienti da un matrimonio precedente. La conseguenza è che oggi molti più bambini vivono con un solo genitore in un nuovo assetto familiare che spesso rappresenta una delle tappe significative del loro percorso esperienziale.
È utile sottolineare che non si parla di genitorialità singola, bensì di famiglia monoparentale. Ciò significa che il progetto familiare può continuare a esistere, nonostante l’assetto tradizionale padre-madre-figli sia venuto meno. Tale cambiamento richiede un profondo riassestamento, rappresentando il ribaltamento di un “mito” che riguarda non solo il modello di famiglia, ma anche l’aspirazione alla possibilità di realizzazione personale di genitori e figli. Secondo la rappresentazione sociale e psicologica della famiglia tradizionale, le relazioni significative si giocano prevalentemente al suo interno e l’identità dei suoi membri si costruisce dai legami intrafamiliari. In quest’ottica, dunque, la famiglia diventa il termometro o bilanciere delle emozioni, dei sentimenti e delle idee di chi ne fa parte, determinandone, a seconda dell’andamento dei vissuti, lo sviluppo e la possibilità di realizzazione personale. Nelle famiglie monoparentali o ricomposte i rapporti sono invece di tipo interfamiliare. La rete di relazioni si amplia cioè ad altre figure esterne al nucleo familiare, che sosterranno l’impegno educativo del genitore singolo, diventandone un supporto imprescindibile.
È fondamentale che il genitore singolo prenda coscienza della necessità di sostegno da parte di una rete di relazioni allargata. A tal fine occorre che quest’ultimo metta a fuoco la nuova condizione in cui deve continuare a svolgere il compito genitoriale e comprenda al meglio le emozioni e i vissuti che la caratterizzano, a partire – in una prima fase di ristrutturazione dell’assetto domestico – dalla “perdita” dell’altro come genitore, oltre che partner. Il dolore e la fatica che accompagnano il cambiamento dovranno essere metabolizzati per poter identificare i nuovi bisogni e agire costruttivamente nella direzione di una loro soddisfazione. Per esempio è necessario comprendere che non si può fare tutto da soli. Talvolta infatti il “senso di onnipotenza”, che fa credere di non avere nessun bisogno o di non avere bisogno di nessuno, può essere la conseguenza di un meccanismo di difesa che in realtà protegge proprio dalla paura di non farcela, dai sensi di colpa nei confronti dei figli, dalla solitudine che si può inizialmente avvertire, soprattutto a seguito del distacco fisico della coppia genitoriale. I sensi di colpa nei confronti dei figli ostacolano in molti casi la possibilità di ripensarsi in un altro progetto familiare. Se agisce inconsciamente la convinzione di aver violato il mito della famiglia tradizionale – l’unica, secondo tale credenza, a poter fornire l’assetto giusto – può accadere che i bisogni del genitore, oltre che dell’individuo, siano completamente negati a favore dell’esclusiva soddisfazione di quelli dei figli nel tentativo illusorio di “riparare” alle sofferenze che lo stesso crede di aver inflitto loro con la separazione, in una sorta di meccanismo punitivo. Ecco allora che tale negazione può condurre a non fare i conti con i propri limiti e le proprie necessità di genitore singolo, le quali, oltre a essersi modificate, sono frequentemente caratterizzate da una quotidianità faticosa.
Al contrario elaborare il cambiamento e riconoscere i nuovi bisogni generati dalla separazione consente di chiedere aiuto in modo adeguato e costruttivo, delegando parte delle cure ad altri. Tenere dentro la relazione con i figli anche il rapporto con l’altro genitore è essenziale, poiché le funzioni genitoriali devono continuare a essere esercitate da entrambi. Questo aspetto da un lato favorisce la crescita sana dei figli e dall’altro allevia le difficoltà del genitore singolo, sempre nell’ottica del “non poter fare tutto da soli”. Se con l’ex partner c’è conflitto, o (peggio) non viene mantenuto alcun rapporto, è comunque importante riuscire a tenerlo a mente come parte di un progetto esistenziale avviato insieme e che continua, nonostante non lo si possa più condividere. Ciò permette ai figli di tenerlo a mente a loro volta ed elaborare quindi dentro di sé la relazione con l’altro genitore. Seppure avvenga su un piano fantasmatico, ciò che conta per il loro sviluppo psicologico è la possibilità di pensarlo come genitore che c’è stato, percependo la sua presenza nell’assenza, piuttosto che crescendo con un vuoto incolmabile. La mancata elaborazione degli aspetti emotivi e pratici dell’essere genitore singolo può condurre a un rapporto esclusivo con i figli che, in quest’ottica, assume una funzione protettiva rispetto alle difficoltà vissute. Funzione che potrebbe generare una sorta di ritorno a una modalità simbiotica di relazione con il rischio di una regressione a un funzionamento interpsichico appartenente a fasi evolutive precedenti dello sviluppo in un momento della crescita in cui invece i figli sono alla ricerca di una nuova configurazione relazionale col genitore, che li vede combattuti tra istanze volte all’autonomia e al distacco e altre alla conservazione della dipendenza.